Nato a Siena nel 1883 e morto a Roma nel 1920, Federigo Tozzi è oggi riconosciuto come uno dei massimi narratori italiani del primo Novecento: le sue novelle e i suoi romanzi (Con gli occhi chiusi, Tre croci e Il podere, in particolare) spiccano per temi e originalità di stile sul panorama letterario di quegli anni, e fanno parte ormai della cultura letteraria del modernismo europeo.
Meno noti sono invece l’attività di critico d’arte e, più in generale, l’interesse di Tozzi per la pittura, la scultura e l’illustrazione del suo tempo. Un interesse nato nelle aule dell’Istituto d’Arte di Siena e poi nutrito, negli anni, da rapporti di sincera amicizia con lo scultore Patrizio Fracassi (morto suicida ventottenne nel 1903) e, sempre nel periodo senese, con gli incisori Ferruccio Pasqui e, soprattutto, con Gino Barbieri, allievo cesenate di Adolfo de Carolis, gran maestro della nuova xilografia italiana e illustratore di d’Annunzio. Negli anni senesi, poi, conosce anche Lorenzo Viani, che ritroverà anni dopo a Roma.
Ed è proprio nella capitale, dove si trasferisce nel 1914, che la cultura figurativa di Tozzi si apre ai linguaggi “secessionisti” ed espressionisti, per giungere a ipotizzare, negli ultimi anni, un precoce “ritorno all’ordine”. Nella recensione all’importante Mostra d’arte giovanile alla Casina del Pincio del 1918, dimostra straordinarie capacità critiche e una precisa conoscenza della situazione artistica della capitale nel commentare le opere di Armando Spadini, Pasquarosa, Ferruccio Ferrazzi, Attilio Selva, Cipriano Efisio Oppo, Carlo Socrate, Deiva De Angelis, Leonetta Cecchi Pieraccini e Alfredo Biagini. Altri articoli invece hanno carattere monografico, e testimoniano un’evidente consonanza, per tematiche e linguaggi, con gli artisti trattati, da Fracassi a Barbieri, da Viani a Ercole Drei.
Un capitolo a sé, di grande interesse e del tutto sconosciuto anche agli specialisti, è poi quello che lega Tozzi a una pratica editoriale oggi quasi dimenticata: quella dell’illustrazione libraria e periodica. Già nell’Ottocento, grandi scrittori come Manzoni e Verga avevano dato alle stampe edizioni illustrate delle loro opere realizzate in stretta collaborazione con artisti di rilievo, e nei primi anni del Novecento questa consuetudine non solo prosegue ma si estende anche all’editoria periodica. Così, se nel 1913, dopo aver partecipato all’esperienza della rivista “L’Eroica”, Tozzi pubblica il poema La città della Vergine con le incisioni di Barbieri e di Pasqui, negli anni romani saranno invece Tommaso Cascella, Cipriano Efisio Oppo, Attilio Selva e Bepi Fabiano, tra gli altri, a illustrare le prose brevi e le novelle che lo scrittore andava pubblicando sulle più importanti riviste dell’epoca.
La mostra, oltre a esporre una selezione dell’opera degli artisti che Tozzi conosceva e apprezzava (e in molti casi le specifiche opere acutamente commentate nelle sue pagine di critica), propone un percorso documentario che, tra foto, manoscritti, lettere, libri e riviste, illustra da una prospettiva inedita le tappe principali della sua narrativa.
Approfondimenti sul Giornale della mostra